Genova, 1917. Da due gravosi anni l’Italia è impegnata nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Triplice Intesa; un dispendio di vite e mezzi per tutta Europa. Renzo Picasso è il terzo architetto in una famiglia che da generazioni non solo ha vissuto e respirato la città, l’ha ridisegnata: suo padre, Giovanni, con la progettazione di via XX Settembre, suo nonno, Gian Battista, con la realizzazione delle caserme della Lanterna, il noto faro cittadino.
Nel giovane, però, il radicato orgoglio per le sue origini aspira a crescere ben oltre il traliccio della tradizione, sognando di inerpicarsi verso il cielo azzurro. Il suo viaggio in America, tra i panorami fantascientifici di New York e le vedute decò della East Coast, lo ha convinto che il capoluogo ligure in cui è nato non avrebbe nulla da invidiare a città cosmopolite come Chicago e Londra. Come loro è infatti un centro nevralgico di scambi commerciali e di connessione tra persone provenienti da ogni parte del mondo. Già principale porto del giovane Regno d’Italia, transito di merci d’ogni fattezza, Genova si è trasformata nell’ultimo secolo in una capitale industriale, grazie all’insediamento di imprese metallurgiche e siderurgiche all’avanguardia, efficientemente collegata via treno con gli altri due avamposti del progresso italiano, Torino e Milano. L’unico dettaglio che manca le manca per assomigliare alle dinamiche metropoli oltreoceano non è altro che il giusto piano di sviluppo urbanistico: trasporti rapidi, strutture slanciate, ascensori. Dunque, c’è da rimboccarsi le maniche.
L’idea di Renzo è quella di realizzare ‘un grattanuvole’ — così chiama infatti i grattacieli — sulla marina di Carignano, un percorso verticale di cinquanta piani sviluppato su tre coordinate elementali: aria, terra e mare. Osservatorio e stazione marittima insieme, dotato di un moderno porto per l’attracco di transatlantici e idrovolanti, sede di uffici per i cittadini, talvolta comodo teatro per le autorità in occasione di parate nazionali e, infine, meta di attrazione turistica grazie alle vedute aeree sulla baia, alle terrazze, ai ristoranti. Tutto questo sarebbe stata la “Torre della Pace” (ribattezzata poi “Torre della Vittoria” una volta assicuratisi il successo bellico), il simbolo tecnico ed edilizio dello slancio di un’intera nazione, e della Liguria in particolare, verso il futuro.
Purtroppo, come la maggior parte degli schizzi che costituiscono l’opera di Picasso, il progetto non andò mai incontro alla realizzazione. Un futuro, dunque, rimasto sigillato nel passato, intrappolato nelle pagine inchiostrate, un sogno mancato. Al giorno d’oggi, guardando l’accurato disegno della torre si potrebbero trovare certi suoi orpelli ornamentali (come la Statua della Libertà in cima) articolati e stucchevoli. Ma l’idea alla base di questo “Istituto di rapida e grata educazione fisica e morale” non è meno rivoluzionaria. La definizione utopica di un luogo tecnologicamente e architettonicamente all’avanguardia, che integrasse funzioni diverse e si connotasse come spazio d’incontro effettivo tra persone e figurato tra elementi, si sposa ancora con le aspirazioni contemporanee di vedere Genova rinata attraverso il rinnovamento della sua abitabilità e percorribilità quotidiana.
La fondazione Renzo Picasso custodisce ancora, ad oggi, la documentazione relativa ai progetti avveniristici e irrealizzati dall’artista, compresi i suoi abili schizzi. Potete trovarne alcuni mirabili esempi qui.